il territorio

Il territorio interessante per gli sfondi paesaggistici, nasconde in sè tanti aspetti storici non noti, avvicendatisi dal paleolitico ai giorni nostri, che sarebbe assurdo tacere e che al termine del resoconto verranno sinteticamente trattati.

l'escursione

Con l’equinozio di autunno, finita l’estate 2008, ci riconsoliamo con la prima uscita trekkistica 2008/2009. Questa si è "consumata" in maniera pittoresca soprattutto presso l’Agriturismo della Farnesiana, ove i convenuti hanno affrontato alla pari un menù variegato ed interminabile,"ottimo ed abbondante", così come si diceva in certi ambienti al tempo del dopo guerra, confezionato artigianalmente con prodotti locali.

All’appuntamento si sono presentati in 96, Tiburziani in massima parte, poi amici di questi, oltre ad altri "simpatizzanti", adescati dalle lusinghe del nostro Sito Internet, abilmente gestito dal nostro ACE.

L’uscita fortemente ridimensionata, prevedeva il percorrere di solo un quarto del tratto classico e ciò per rispondere alle esigenze fisiche di autoritarie esponenti del sesso forte. Per cui molti sentieri sono stati by-passati con le auto. Ma per gestire la "spola" delle vetture/autisti, siamo precipitati nel vero caos. Sono andati così perduti momenti preziosi di una bella giornata voltata al meglio, annunciata da un promettente arcobaleno anulare, dopo una vigilia piovosa e 3 trombe d’aria.

tromba 1 Tromba 2 Tromba 3

Ma partiti, giunti poi sotto Cencelle, non è stato semplice gestire 37 macchine e relativi occupanti per giungere al punto di partenza, la passina di Palano, ( uno dei tanti ciclisti in Mountain bike, trovatosi imbottigliato tra le nostre auto, ha esclamato: sò venuto quassù pe trovà n' po’ de carma .. me sembra de sta sur Raccordo Anulare! n'avitene a durmi !).

Finalmente partiamo dal limitare del bosco entro un sentiero segnato tra le rocce dai " carbonari pistoiesi/o marchigiani". Ci si presenta questo con il suo bel sottobosco verde mediterraneo, lussureggiante: mirto, lentisco, alaterno, corbezzolo ed erica arborea, tirato a lucido dalla recente pioggia.

Raggiungiamo frattanto la sommità ed il termine "ovest” di Palano, dopo aver percorso parte della dorsale e ci portiamo fino al limitare delle rocce sottostanti, non visibili per la fitta vegetazione, pur godendo un bel panorama soave e disteso verso le amene coste del Marano, verso il lido di Tarquinia, Sant’Agostino e verso Civitavecchia Sud, ove inopinatamente fa capolino una alta torre bianca e rossa. Da sopra queste rocce Tiburzi controllava le fattorie sottostanti, i movimenti degli uomini, per portare a compimento la sua criminosa attività. Scendiamo Palano, voltando a sinistra, per uno stradone abbastanza comodo e ci portiamo su una carrareccia che congiunge la strada di Allumiere con la Fattoria della Farnesiana. Avanti c’è il bel domo di Monte Sassetto e, un pò prima di questo, imbocchiamo la deviazione per raggiungere le pendici della parete rocciosa di Ripamaiale. Veramente suggestive queste rocce, continuamente frequentate da rocciatori che, man mano che ci avviciniamo, notiamo appesi ed incollati alle contorte pareti.

E’ un bel vedere l’attività di questi ragazzi; c’è da dire però, che da quando sono giunti "loro", il "capo vaccaio" non ha più nidificato tra le rocce.

Scendiamo il pendio verso una sterrata traversa che ci porterà diritti sotto l’abitato di Cencelle, ovvero di quello che fu fino al 1000 circa, per le operazioni di rientro. L’escursione, così come promesso, era semplice, breve e non ha riservato alcuna sorpresa o difficoltà. Qui, alcuni ci lasciano, preferendo un salutare prosieguo della camminata allo stendere le gambe sotto un tavolo.

Novelli Pantagruel

Alle 13.20 circa eravamo tutti ben sistemati entro l’Agriturismo, 86 posti del piano taverna. Il proprietario, un ingegnere romano di nostra conoscenza, che ha acquistato il complesso da circa 5 anni (granarone, villaggetto, chiesa e laghetto) ha ben sistemato e restaurato tutto. Ed il rudere del villaggio dei minatori è tornato in vita grazie ai saggi interventi effettuati. Mentre la chiesa di S.Maria, relativamente recente, sembra ancora pericolante, malgrado vari trattamenti di stabilizzazione. Entro il villaggio sono ancora visibili i resti della più antica chiesa di S Severella, compreso il campanile a vela.

La grande chiesa neogotica di S. Maria, costruita nel 1750 su unica navata, venne fiancheggiata poi dalle altre due laterali, perché subito pericolante, nel vano tentativo di conferirle maggior stabilità. La chiesa è stata costruita in gran parte con pietre sottratte dall’abitato di Cencelle. L’intero complesso, denominato la Farnesiana, pur conservando lo stemma della nobile casata, sembra debba la sua denominazione ad alcuni cappellani farnesiani, chiamati qui per la chiesa, da Roma. Ma il villaggio, costruito intorno alla fine del XV secolo, quando venne scoperto l’allume sulle colline circostanti, per ospitare i numerosi minatori richiamati da quel lavoro, potrebbe essere stato affidato alla supervisione della famiglia Farnese, questo giustificherebbe la presenza del loro stemma, dato che ciò accadeva nel periodo di egemonia di quella famiglia in tutto il centro Italia.

Il pranzo è andato piuttosto bene come anzi detto, peccato che alcuni credendo che fosse limitato ai soli antipasti "a buffet", peraltro molto numerosi, si sono riempiti prematuramente lo stomaco, da non farcela più a mangiare altro. Ma si sa, per questo è chiamato appunto "anti pasto"! Ma poi sono arrivati i primi: quattro, quattro secondi, contorni 2, dolci 2, caffè amaro e di nuovo caffè. Spesa pro capite Euro 22.00. Il segreto forse era quello di non ritirare tutte le pietanze! ( NDR: ma la virtù, si sa, sovviene sempre dopo il peccato!, ovvero, le lacrime, il coccodrillo, ce l'ha dopo il boccone..più grande del suo stomaco!)

e' doveroso ricordare che...

ll complesso collinare dei Monti della Tolfa, Palano, Ripamaiale etc, composto di rocce trachitiche ed ignimbritiche si è formato nell’arco di tempo compreso tra 4 e 2,3 milioni di anni fa, nei periodi pliocenici e pleistocenici, attraverso lava fuoriuscita dalle crepe e fenditure prodottesi sulla crosta terrestre. Il materiale magmatico espulso, molto rappreso, si è freddato velocemente in loco richiudendo, in breve, le fenditure madri, generando i cosi detti "domi", protuberanze collinari molto frequenti nel nostro paesaggio. Ne sono esempio la Rocca di Tolfa, i colli della Tolficciola, la Tolfaccia e tanti tanti altri rilievi minori. Numerose e frequenti in zona si incontrano sorgenti di acqua termale, riscaldate a profondità dalle rocce ancora calde dell’attività vulcanica ipogea. Non sono infrequenti fonti fredde di acque minerali: "agro-ferrose", solfuree o "frizzanti/acetose" scaturenti da rocce ricche di sali minerali o da torbiere.

Ma il nostro Palano ci riserva varie sorprese. La formazione nel paleolitico delle rocce trachitiche ed ignimbritiche e il rinvenimento tra queste di frammenti di strati di selce, alcuni dei quali abilmente e chiaramente scheggiati dall’uomo preistorico per realizzare utensili e punte di armi, lasciano intendere che la zona sia stata abitata da 500 mila anni almeno a questa parte. Ciò si deduce dal solo ritrovamento di utensili, non essendo mai venuto alla luce un frammento osseo dei nostri antenati primitivi. Probabilmente l’assenza di grotte, ove si sarebbero conservati resti ossei umani, ne è la causa. Ma "l'industria litica" è qui presente e qualcuno deve pur averla realizzata: chopper, raschiatoi bifacciali (metodo levallois), punte di freccia ed incudini sono stati rinvenuti, emergenti dagli strati di creta/argilla dopo abbondanti piogge o piccole frane, prodotti dall’homo erectus, dal Neardentalensis e dal sapiens sapiens . E chissà che un domani il nostro Palano non ci faccia la grazia restituendoci anche un piccolo frammento osseo di questi nostri antenati, ma ciò potrebbe anche essere accaduto in passato e magari non capitato sotto gli occhi di uno specialista.

Nei boschi circostanti erano anche presenti, scimmie, cinghiali, cervi e daini. Nelle pianure vivevano in tempi più o meno diversi: Uri (antenati del toro), elefanti, mammut, cavalli, lupi, leoni, tigri denti a sciabola e l’enorme orso delle caverne (abile predatore che raggiungeva 50 km dalla stima della forma delle sue gambe). La flora era abbondante, ora mediterranea, ora sub tropicale ed ora glaciale, a seconda delle ere intervallatesi. Ancora oggi su questi monti si riscontrano piante così dette "relitti", come il faggio, disceso con la glaciazione di Wurm, poi particolarmente adattatosi ad un più mite clima.

E l'Eneide, che c'entra..?

Virgilio nel X canto dell’Eneide, narra che Enea dopo lunghe peregrinazioni lungo le foci del Tevere, fortemente determinato a dare origini ad un popolo che potesse vendicare la sconfitta subita dal popolo troiano da parte dei Greci, intendesse stanziarsi lungo il corso del Tevere. Ma qui incontrò l’ostilità dei nativi, il popolo dei latini, che poi vinse con l’ausilio di una lega composta da uomini etruschi tra cui " qui sunt in arvis Minionis", località che riteneva patria del suo progenitore, re dei Dardanidi, Corito:

Màssico il primo in su la Tigre imposto avea di mille giovini un drappello, che di Chiusi e di Cosa eran venuti con l'arco in mano e con saette a' fianchi.

Appresso a lui, seguendo, il torvo Arbante  sotto l'insegna del dorato Apollo seicento n'imbarcò di Populonia, trecento d'Elba, in cui ferrigna vena abbonda sì, che n'erano ancor essi dal capo ai piè tutti di ferro armati.

Asìla il terzo, sacerdote e mago che di fibre e di fulmini e d'uccelli e di stelle era ‘nterprete e ‘ndovino, mille ne conducea, ch'un'ordinanza facean tutta di picche: e tutti a Pisa eran soggetti, a la novella Pisa, che, già figlia d'Alfeo, d'Arno ora è sposa. Asture, ardito cavaliero e bello, e con bell'armi di color diverse, vien dopo questi con trecento appresso di vari lochi, ma d'un solo amore accesi a seguitarlo.

Eran mandati da Cerète e dai campi di Mignone, dai Pirgi antichi e da l'aperte spiagge de la non salutifera Gravisca.

Tutto il territorio dei "Campi del Mignone", già abitato da popolazioni appenniniche transumanti, è costellato di villaggetti etruschi in parte sconosciuti al grande pubblico, Luni, S.Giovenale, Pian Conserva, La Tulfa, il Ferrone, Pian dei Santi, le Tufarelle, Monte Fortino, Monterano, S.Giuliano, tanto per citarne i principali. Inoltre, dopo la dominazione del popolo etrusco da parte di Roma e la istituzione del latifondismo sul territorio di etruria e le successive centuriazioni, tutta la zona venne disseminata di ville rustiche romane, come del resto avvenne su tutto il nostro litorale. Territorio del tutto sfruttato e discriminato nei secoli a venire.

Ancora occorre ricordare che sul litorale della Frasca si ergeva, nel III secolo dopo C., un Monastero, ora scomparso ma di cui sicuramente esistono ancora fondamenta e parte della cripta della Chiesa, ove soggiornò per un certo periodo S.Agostino, grande filosofo e dottore della chiesa. Questo presumibilmente avveniva tra il 387/8 d.C. e qui, avanti lo specchio d’acqua, tra le basse rocce del litorale il Santo sembra aver risolto il mistero della Trinità, dopo aver trovato un bambino che tentava di versare tutta l’acqua del mare entro una piccola pozza … ed a ricordare questo fatto, oltre al toponimo, anche una pietra scritta, andata perduta ma recentemente riapparsa, che era posta sulla porta della chiesa a ricordare l’avvenimento. Inoltre S.Agostino, seguendo un itinerario, che tutt’ora stiamo tentando di ricostruire, dalla Frasca costeggiava, seguendo sentieri, ora sovrapposti da strade, l’acquedotto di Traiano, per portarsi all’Eremo così appunto detto della Trinità, ove aveva riservata una cella, ancora oggi visibile. In quel periodo Palano doveva chiamarsi "Monte Pisano". Successivamente l’Eremo della Trinità, dagli Agostiniani, è passato ai templari. Di questo fatto ne è testimone la Croce patente posta a fianco della porta della Cella di S.Agostino.

 

il ponte di bernascone

Sorvoliamo la scoperta dell’allume sui nostri monti, la ingente ricchezza che lo sfruttamento di questo minerale ha procurato alle casse dello Stato Vaticano, rinviando gli argomenti ad una precipua uscita tra le cave, alla visita del Museo di Allumiere ed all’anzidetto Eremo della Trinità, per dire qualcosa sul Ponte di Bernascone, ovvero di quello che resta…

Questo ponte venne costruito intorno al 1700 ed abbandonato nel 1850 c.a. Sopra vi transitava la Via Cornelia, proveniente da Roma per Tarquinia e per le altre terre d’Etruria, passando per monti della Tolfa (Grasceta dei Cavallari).

La Via Cornelia venne costruita dai romani ricalcando in parte una preesistente strada etrusca ed in quel punto, presumibilmente, prima del 1700, un ponte di dimensioni minori doveva pur esserci. E se sono attendibili le ipotesi formulate dal Nostro, in base alla osservazione del territorio, il ponte precedente univa le sponde del Mignone più a valle ove camminava in linea al suo corso. Mentre, per evitare continui cedimenti del terreno alluvionale dell’alveo, venne costruito un altro ponte più in alto, molto più solido e più grande del precedente. Il fiume poi fu deviato per transitarvi sotto, facendo descrivere a questi un corso a forma di un omega. Ma anche qui la particolare natura del terreno, argilloso cretaceo, deve aver ceduto sotto l’enorme peso del Bernascone, date le frequenti esondazioni del fiume. L’opera sicuramente ha cominciato ad inclinarsi sulla riva sinistra, come ancora appare evidente piegata e, così sbilanciata deve essersi troncata nel tratto centrale dell’arcata.

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Particolare ricostruzione dell’omega sul Mignone.

Vanì 09/10/08

    PUBLISHED BY ACE - GRUPPO TREKKING TIBURZI.